Grandi foto della storia – n. 2

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Grandi foto della storia – n. 2

I fatti del passato catturati dall'occhio dei fotografi

Vi presentiamo le 4 nuove "tappe" di questo viaggio tra frammenti di storia più o meno lontana, narrata da immagini non sempre note al "grande pubblico", ma rappresentative di luoghi, attimi, ere o epoche che cambiano. Ogni fotografia è accompagnata da aneddoti o curiosità, in modo da poter cogliere appieno il valore - non solo estetico/artistico, ma anche simbolico - delle opere selezionate e sottolineare il carattere divulgativo e "didattico" di questo spazio. Un tributo alla bellezza e alla potenza comunicativa di voci fotografiche "senza tempo", e per questo eterne.

Le quattro proposte di oggi:

#05 - L'iceberg assassino

Foto 1. L'iceberg sospettato di aver causato l'affondamento del Titanic, fotografato dal capo steward della Prinz Adalbert il 15 aprile 1912 -  Foto 2. Lo scritto lasciato da M. Lioenewald, autore dello scatto - Foto 3. Il transatlantico britannico RMS Titanic alla partenza dal porto di Southampton il 10 aprile 1912, quattro giorni prima di affondare.

Nessuno, al momento della sua partenza da Belfast il 10 aprile 1912, avrebbe potuto immaginare che il mito del più grande e lussuoso transatlantico della sua epoca sarebbe naufragato dopo appena 4 giorni di navigazione, inghiottito dalle gelide acque oceaniche al largo di Terranova. Costruito dalla White Star Line per garantirsi il dominio dei collegamenti tra Europa e Nord America, nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912 la nave "inaffondabile" si scontrò con una serie di fattori meteorologici e circostanziali avversi - aggravati, si dice, da errori umani - culminati con il fatale urto contro un iceberg. Nel giro di poche ore dall'evento, la sua leggenda sprofonderà negli abissi - e, con essa, le vite di 1.518 passeggeri - dando vita a un'altra leggenda, la cui eco è giunta fino ai giorni nostri: quella del suo affondamento.

L'iceberg responsabile della collisione non fu mai individuato con esattezza: nei giorni successivi alla tragedia furono diversi gli avvistamenti "sospetti" da parte di navi che battevano la stessa tratta. Nonostante le testimonianze dei superstiti descrivessero un iceberg di forma differente, per circa un secolo quello ritenuto più "papabile" è stato l'iceberg immortalato dal capo steward della nave tedesca Prinz Adalbert, transitata a poche ore di distanza nei pressi del luogo dell'incidente. La stampa della foto in questione, accompagnata da una nota del fotografo che ne descrive le caratteristiche, è stata battuta all'asta nel 2015 per circa 32 mila dollari.

(Foto: Immagini dell'iceberg vendute all'asta da Henry Aldridge & Son  - via DailyMail.co.uk)

#06 - I due eroi e il terzo uomo

Norman, Smith e Carlos sul podio dei 200 metri ai Giochi di Messico 1968

Messico, 1968: i Giochi della XIX Olimpiade si svolgono in pieno clima "sessantottino", tra tumulti, proteste e stragi. Ma lo show, a 2240 mt sul livello del mare, continua. Il 16 ottobre si tiene la gara dei 200 mt piani: i due afro-amercani Tommie Smith e John Carlos arrivano primo e terzo. Si presentano sul podio con espressioni contratte, lo sguardo basso e lo stemma dell'Olympic Project for Human Rights sulle divise; risuona l'inno e alzano i pugni rivestiti da guanti neri. La loro è una protesta silenziosa per i diritti civili e le questioni razziali: un'immagine entrata nella storia dello sport mondiale.

E poi c'è un terzo uomo. È Peter Norman: è australiano, è bianco ed è arrivato secondo. Anche lui indossa la coccarda, ma è un figurante tra due protagonisti. In pochi sanno che, nei fatti, di quella scena Norman fu il co-regista e il co-sceneggiatore: dietro quei pugni neri c'è stata anche una mano bianca.

«Era sera - racconterà Norman 32 anni dopo -, la gara era finita da poco e ci stavamo preparando alla premiazione. Smith e Carlos erano nervosi; volevano fare qualcosa ma erano preoccupati, esitavano. All’inizio non compresi: mi dissero che volevano salire sul podio con il pugno alzato e guantato di nero, per mostrare la rabbia della loro gente. Dissero che era necessario farlo.» Ma Carlos dimentica i suoi guanti neri al Villaggio Olimpico e i due discutono. «Mi intromisi, suggerii di darne uno a Carlos. Così si fecero coraggio l’un l’altro, e sul podio alzarono il braccio entrambi, uno con un guanto sulla mano destra, l’altro sulla sinistra. Io rimasi immobile, al mio posto: la scena era tutta loro…» 

Fu l'inizio di un'amicizia indissolubile, ma anche di comuni sfortune. Smith e Carlos saranno squalificati a vita - e mai perdonati da una parte dell'America. Norman, accusato di "collaborazionismo", non verrà convocato per i giochi successivi e la sua vita continuerà nell'oblio, tra divorzi, alcool e depressione. Morirà solo, stroncato da un infarto a 64 anni. Non appena informati della sua morte, Tommie Smith e John Carlos si precipitano in Australia per poter sorreggere la sua bara all’uscita della chiesa. 

«La sua eredità è una montagna, inchinatevi a questa montagna» dice Tommie Smith. «Peter non ha alzato il pugno, ma ci ha teso la mano. Non ha abbassato la testa, né voltato le spalle. Raccontate ai vostri bambini la storia di Peter Norman».

(Foto: Aa. Vv. - via Piccole note

#07 - Stars, Stripes & Rockets

Il razzo Bumper 8 al decollo da Cape Canaveral il 24 Luglio 1950

Fu un nuovo capitolo nella saga dei voli spaziali quello scritto dalla NASA, nel luglio 1950, con il primo lancio di sempre effettuato dalla base di Cape Canaveral, in Florida. Protagonista dell'evento fu il RTV-G-4 Bumper, un ambizioso programma missilistico a due stadi istituito per studiare i problemi relativi ai razzi ad alta velocità. Lo stadio superiore fu in grado di raggiungere altitudini di quasi 400 chilometri - un record per l'epoca -, più elevante di quelle alle quali oggi volano le moderne navette spaziali. Degli 8 Bumper costruiti, solo gli ultimi due furono lanciati dalla base in Florida. La Cape Canaveral Space Force Station (poi conosciuta come Cape Kennedy e, infine, Cape Canaveral) iniziò le operazioni nel 1949 su iniziativa del presidente Truman; con gli anni diventerà uno spazioporto fondamentale per i programmi del Ministero della Difesa americano.

Sette anni dopo il Bumper 8, l'Unione Sovietica avrebbe lanciato i primi satelliti artificiali Sputnik I e II, seguita a ruota dagli statunitensi. Operazioni precorritrici della corsa alla conquista dello spazio, che nei decenni a seguire vedrà le due superpotenze sfidarsi in una battaglia all'ultimo razzo, culminata nel 1969 con la missione Apollo 11 e il suo storico sbarco sulla Luna.

(Foto: Il lancio del Bumper 8 - via NASA)

#08 - 60 anni e non sentirli

Una foto vintage di ragazze in minigonna - Autore sconosciuto

Dieci centimetri di stoffa in meno e un passo in più verso la libertà delle donne: la minigonna non è solo un capo d'abbigliamento, ma il simbolo di un'intera generazione che rivendica la propria emancipazione. La sua storia ha inizio nella Londra dei primi anni '60, quando la stilista Mary Quant decide di interpretare il desiderio delle giovani londinesi di liberarsi dalle lunghe gonne con sottovesti: è così che la minigonna appare per la prima volta nella vetrina del suo negozio Bazaar in King’s Road. L'idea piace, e presto verrà ripresa da altri stilisti. Personaggi del calibro di Brigitte Bardot e Jackie Kennedy contribuiranno a sdoganarne la fama, inserendola nei loro outfit di tutti i giorni.

Paradossalmente, negli anni '70 la minigonna diviene oggetto di critiche da parte delle femministe. La sua colpa? Quella di essere il simbolo della "donna oggetto", a detta loro. Ma la sua popolarità non tramonta, anzi ritorna prepotentemente in auge negli anni '90, riproposta in chiave "moderna" da stilisti come Gianni Versace, Yves Saint Laurent e Karl Lagerfeld. Ancor oggi la mini skirt è amata dalle donne e apprezzata dagli uomini: un grande evergreen capace di mettere tutti (o quasi) d'accordo.

Curiosità: nel 2015 è stata istituita la "giornata mondiale della minigonna", che cade ogni 6 giugno.

(Foto: Autore sconosciuto via Riviera24.it)

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